Il “camminare” nel malato di A. può diventare un problema, più per eccesso di questa attività che per difetto. Infatti solo nelle ultime fasi della malattia il malato può avere difficoltà nel camminare, sino a ridursi alla carrozzella o al letto. In precedenza, spesso per mesi e in alcuni casi per anni, il demente presenta invece un incremento patologico del cammino: può camminare per ore e ore, ininterrottamente, in modo compulsivo, quasi fosse alla ricerca di qualcosa che non trova mai.
Il malato sembra infaticabile in questa sua attività e spesso, se si cerca di fermarlo o di arginare questa sua iperattività, reagisce in modo brusco o aggressivo, talvolta con vere e proprie “reazioni catastrofiche”. Questa tendenza a camminare incessantemente, caratteristica del malato di A. più che di altri dementi, non trova in genere una spiegazione: talvolta questo comportamento può essere scatenato da un problema organico (ad esempio stitichezza, dolori di vario tipo ecc.), ma più spesso non si riesce, nonostante tutti gli sforzi indagativi, a trovarne la causa. Questo “camminare senza meta” viene definito “wandering” dagli anglosassoni, e tradotto come “vagabondaggio”. A causa dei problemi di orientamento e memoria che caratterizzano i malati di A., la tendenza a camminare può risolversi nelle cosiddette “fughe”, che costituiscono un problema assistenziale non facile per i familiari e gli istituti.
Il “wandering” è un disturbo del comportamento molto difficile da modificare, spesso resistente anche all’uso degli psicofarmaci, e le uniche possibilità di intervento sono il controllo da parte del personale e l’utilizzo di sistemi di vigilanza. Laddove possibile è utile far accompagnare il paziente da personale (magari volontario) così da consentire una deambulazione sicura.
Molti istituti per anziani, soprattutto all’estero, sono dotati di cosiddette “wandering areas”, cioè percorsi sicuri, all’esterno o all’interno, che consentono al malato di camminare finché vuole senza perdersi e senza correre rischi.
Una spiegazione emotivamente coinvolgente del “wandering” è stata tentata sul piano psicologico: secondo questa, il malato attraverso l’andare incessante rappresenterebbe la sua incessante ricerca di un “luogo” mentale ed emotivo di pace e di sicurezza, un rifugio: forse la casa di quando era bambino.
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