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Gruppo Alzheimer Pronto Soccorso


 
Etica e Bioetica

Sulle cure di fine vita

Fino a quando il malato di Alzheimer
è una persona?
di Daniele Villani



The Clinical Course of Advanced Dementia


Dying from Dementia

(a cura del dr. Daniele Villani)

La necessità di avere nel nuovo sito  di AIMA un luogo di incontro su argomenti etici, nasce da una precisa esigenza. La diffusione della malattia di Alzheimer e delle altre demenze, fenomeno tipico dei paesi sviluppati e con un’alta percentuale di anziani, ci pone di fronte a problemi nuovi; ci chiede di decidere su temi che prima semplicemente non esistevano, e per i quali non abbiamo risposte immediate, istintive; ci pone davanti alla necessità di scegliere tra diverse possibilità, senza che nel nostro intimo, nel nostro codice morale, sia chiaro se quella scelta è giusta o sbagliata.  Non esiste dunque un’etica comune che ci trovi preparati di fronte alle molte situazioni difficili che caratterizzano la malattia.  Per i famigliari dei malati di Alzheimer non ci sono oggi, nel nostro paese, ambiti in cui ragionare appassionatamente, ma con rigore scientifico, forte tensione morale e mente sgombra da pregiudizi, delle tante scelte cruciali cui essi sono chiamati a rispondere, spesso in solitudine o male accompagnati (si pensi alla comunicazione della diagnosi, alle sperimentazioni farmacologiche, alla decisione se alimentare artificialmente , alla scelta dell’istituzionalizzazione, alla possibilità di rianimare ecc.). Di qui l’esigenza di avere luoghi privilegiati di incontro per i nostri dubbi, le nostre conoscenze, le nostre certezze (poche) e i nostri fantasmi (molti). Il nostro obiettivo è quello di garantire ai malati , in tutte le fasi della malattia, il rispetto della dignità della persona; l’attenzione alla qualità della vita; la possibilità reale di esprimere la propria volontà e quindi di autodeterminarsi. Obiettivi pesanti come macigni, se pensiamo che il protagonista, il malato di Alzheimer, a differenza dei malati di tumore o di altre malattie che portano alla morte, ha poca o nessuna voce per esprimere la propria volontà, e siamo noi a farci interpreti dei suoi desideri e dei suoi valori (come vivere e come morire).

Sul principio dell’autodeterminazione, cardine del moderno rapporto medico/paziente e massima espressione della nostra individualità di fronte alla malattia,  si sta arrivando in questi giorni alla conclusione del tormentato iter parlamentare delle proposte di legge relative al cosiddetto testamento biologico. Questo testamento rappresenta, in estrema sintesi, la possibilità di decidere quando non saremo più in grado di decidere. Un’ importante finalità del testamento è anche quella di evitare il cosiddetto accanimento terapeutico, ovvero l’utilizzo di tecniche sproporzionate, tese ad allungare la vita e la sofferenza, piuttosto che a salvaguardarne la dignità e la qualità. Il testamento biologico, nelle sue diverse espressioni e denominazioni (dichiarazioni anticipate di trattamento, direttive anticipate, pianificazione anticipata delle cure, direttive di delega, living will ecc.) è, a nostro giudizio, uno degli strumenti in grado di garantire un maggiore rispetto della volontà di un malato di Alzheimer nei lunghi anni della sua incompetenza cognitiva. Riteniamo che la volontà del malato (espressa attraverso il testamento biologico e altre modalità), la competenza dell’equipe di cura, il costante confronto con la famiglia del malato, costituiscano il tripode decisionale in grado di condurre a scelte competenti e rispettose della volontà della persona.

Qualcosa però rende il testamento biologico di cui hanno bisogno i nostri malati diverso e più difficile da realizzare rispetto a quello di cui si parla, ad esempio, per i malati di tumore.
La peculiarità delle persone con demenza è principalmente questa: la demenza dura molti anni (mediamente dieci) e nel corso della malattia si instaura gradualmente un’ incapacità decisionale che negli ultimi anni di vita è totale, e riguarda anche le decisioni più elementari. Bisogna dunque capire: 1- quando il malato di Alzheimer deve scrivere il proprio testamento biologico (all’inizio della malattia, quando ancora è in grado di comprendere e, forse, fare progetti? oppure quando la malattia non è ancora iniziata, quindi in forma precauzionale? in questo caso ciascuno di noi dovrebbe considerarsi, potenzialmente, un futuro malato di Alzheimer)? ;  2- quali sono gli argomenti sui quali il malato deve esprimere le proprie volontà anticipate (nel caso della demenza l’incompetenza cognitiva non dura poche settimane, come può accadere per la fase terminale di altre malattie, ma dura anni; le decisioni da prendere sono molte, diluite nel tempo; a volte cariche di valenza etica, come si diceva più sopra, a volte apparentemente a basso contenuto etico, in realtà a forte ripercussione sulla qualità della vita: pensiamo alla decisione di ricoverare o curare a casa)? 3 – se la persona, una volta malata, dovesse cambiare idea rispetto alle decisioni assunte in precedenza ma, proprio a causa della malattia, non fosse più in grado di modificare il proprio testamento? come potrebbe esprimere la sua nuova volontà?
Sono interrogativi, quelli appena elencati, che nulla tolgono al forte significato morale del testamento biologico e alla necessità non rimandabile che diventi oggetto di una legge dello stato.

Essi ci inducono però ad approfondire l’argomento. Magari, nel caso della demenza, dando particolare rilievo alla figura, prevista nel testamento biologico, del fiduciario (proxy). Questi è una persona cara –figlio, coniuge, amico ecc.- alla quale il malato delega le decisioni che dovranno essere assunte quando lui non sarà più in grado di assumerle. Una persona in cui riponiamo la massima fiducia, una persona che riteniamo capace di interpretare la nostra volontà quando noi, causa la malattia, non saremo più in grado di esprimerla.

Segnaliamo alcuni siti sui quali potrete approfondire questo e altri argomenti
www.alzheimer-europe.org
www.consultadibioetica.org
www.limen.biz
www.fondazioneveronesi.it
www.abuondiritto.it